I domenica di Avvento (Anno B)
Is 63,16-17.19; 64,2-7/Sal 79; 1Cor 1,3-9; Mc 13,33-37
“Noi attendiamo quelli che conosciamo!
Pertanto impegniamoci a conoscere meglio Gesù
perché la sua attesa in questo Avvento sia vera.”Introduzione
L’anno B del ciclo triennale delle letture è l’anno di Marco. Eppure non si comincia dal paragrafo iniziale del suo Vangelo, che sarà oggetto di lettura nella settimana prossima: si parte dal punto in cui terminerà la penultima settimana dell’anno, con l’annuncio del ritorno di Cristo: “Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria” (Mc 13,26 – XXXIII domenica del Tempo ordinario, Anno B).
A prima vista, ciò può sembrare strano ed illogico. Invece, nella liturgia, c’è un’estrema sottigliezza nell’effettuare il cambiamento di tono: la nostra attenzione, che nelle ultime settimane era centrata sul giudizio e sulla fine del mondo, si sposta ora sul modo di accogliere Cristo: non con paura, ma con impazienza, proprio come un servo che attende il ritorno del padrone (Mc 13,35).
In quanto preparazione al Natale, l’Avvento deve essere un tempo di attesa nella gioia. San Paolo interpreta il nostro periodo d’attesa come un tempo in cui dobbiamo testimoniare Cristo: “Nessun dono di grazia più vi manca, mentre aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo” (1Cor 1,7).
“Perché lasci indurire il nostro cuore, così che non ti tema?” (dalla Prima lettura)
Il profeta Isaia individua la radice dei mali di Israele nella responsabilità personale che ciascuno ha nel mantenere vivo il proprio cuore, capace di pulsare, di irrorare il sangue nel corpo. Un cuore ‘duro’ è la condizione peggiore nella quale possa trovarsi una persona: l’organo che garantisce la vita a tutto il corpo, giace come pietra morta.
Ma, in che cosa consiste tale durezza? Isaia dice che chi vaga lontano dalle vie del Signore, cioè chi si ribella alla sua parla di vita e non compie la volontà di Dio, che è giustizia verso tutti, ma si accontenta della giustizia umana, che però è iniqua, costui è un duro di cuore. Potremmo tradurre la durezza con la parola insensibilità, che è l’incapacità di lasciarsi toccare dalle cose, specialmente dai richiami alla coscienza, che la parola di Dio sempre rivolge agli uomini. Essere insensibili comporta non riuscire a distinguere più il puro dall’impuro, il giusto dall’ingiusto, il bello dal brutto; tutto viene pietrificato in una generica superficialità, finché tutto alla fine va bene perché tutto è indifferente.
“Ritorna [Signore] per amore dei tuoi servi… Se tu squarciassi i cieli e scendessi! Davanti a te sussulterebbero i monti [le pietre]” (Is 63, 18.19). Vieni, Signore Gesù!
“Fate attenzione, vegliate” (dal Vangelo)
Ci troviamo di fronte alle ultime parole di Gesù, che chiudono il periodo del suo insegnamento in Galilea (capp. 1-13) e che aprono alla narrazione che annuncia la sua passione, morte e risurrezione (capp. 14-16). Sono parole che gettano una luce del tutto particolare su tutto ciò che Gesù ha detto e fatto fin qui e su tutto ciò che Gesù dirà e farà da questo momento in poi. Il brano del Vangelo, dunque, non è solo un’introduzione al tempo di Avvento, un invito ad alzare lo sguardo per contemplare il Signore che viene come giudice della storia, ma, stando alle stesse parole di Gesù, siamo esortati a guardare alla sua vicenda personale per saper cogliere gli atteggiamenti interiori più profondi con i quali egli ha saputo affrontare i momenti più difficili e più esaltanti della sua esistenza.
‘Fate attenzione’… chiede di coltivare un atteggiamento di ascolto che implichi anche un sapersi rivolgere verso una direzione precisa per poter sentire e vedere le cose che accadono. Concretamente facciamo attenzione alle persone, alle loro parole, ai loro silenzi, alle domande mute e alla ricchezza dei loro doni.
‘Vegliate’… chiede di custodire se stessi in modo cosciente, quasi uno stare in allerta, pronti ad affrontare un momento di grande difficoltà che non permette pigrizie e stanchezze. Vegliamo perché c’è un futuro, perché viene una pienezza che non è ancora contenuta nei nostri giorni, se non come piccolo seme. Vegliamo, su tutto ciò che nasce, sui primi passi della pace, sui germogli della luce, sul bene che c’è!
“Signore, fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi” (Sal 79). Vieni, Signore Gesù!
*Assistente diocesano settore giovani