IV domenica di Avvento C

Oggi la liturgia ci fa contemplare l’incontro tra due donne in attesa di un figlio. Credo che solo chi è donna ed ha provato essere in attesa di un figlio può sentire in lei le emozioni e le trepidazioni presenti in Maria e in Elisabetta e immaginare cosa si saranno raccontate in quell’incontro. È ciò che capita nelle sale d’aspetto di un reparto di maternità o nei corridoi delle palestre dove le mamme fanno ginnastica in vista del parto. Racconti che si aprono alla confidenza, scambio di sogni sul futuro dei nascituri e condivisione di qualche apprensione. Così è la vita. Così è stato per Maria ed Elisabetta. Perché la donna che attende un figlio, al di là che ne sia felice o soprattutto preoccupata, al di là del fatto che possa sentire quella maternità come una benedizione oppure come una condanna, ma ogni madre in attesa di un figlio avverte che qualcosa di troppo grande e straordinario è capitato in lei.

E che quel figlio che attende è suo, ma non gli appartiene. Più o meno cercato, resta un dono. La contemplazione delle due donne che si incontrano e si abbracciano, provocando il sussulto dei nascituri nel loro grembo, ci ricordano che la vita è sacra, fin dal suo concepimento e che nessuno di noi ha diritto di sopprimerla, ma solo di custodirla con infinito amore. Ai genitori, ai medici, a quanti operano nel campo sanitario il compito di rispettare sempre la vita umana, facendo obiezione alle leggi inique che uno Stato pretende di attuare. A tutti noi, comunità di credenti, l’impegno a sostenere in ogni modo chi si trova in difficoltà personale, psicologica o economica a motivo della maternità. Non è possibile pensare al Natale e rinnegare ai bambini il diritto alla vita. Una domanda legittima da rivolgere anche a chi si impegna in ambito politico è: Cosa fate per salvaguardare e promuovere la sacralità e la dignità della vita umana?
Ma Maria ed Elisabetta incontrandosi non hanno fatto solo i soliti discorsi presenti sulle labbra di donne che vivono la stessa esperienza di gestanti, sono diventate, invece, l’una per l’altra testimoni di fede.
Elisabetta ha accolto Maria regalandoci le espressioni di quella preghiera che accompagna la vita di tutti, spesso anche di chi si è allontanato dalla fede: “Ave, piena di grazia, il Signore è con te. Tu sei benedetta … benedetto è il figlio che porti in te!”.
Maria risponderà “L’anima mia magnifica il Signore!”.
E così entrambe capiscono ancora di più che in ciò che è capitato loro, c’entra Dio. Dio è all’opera nella nostra vita in ciò che ci capita.
La fede si accresce solo quando è comunicata, trasmessa, testimoniata. Bisogna aiutarci gli uni gli altri ad essere credenti, raccontandoci le nostre esperienze di fede. In questa liturgia appare evidente come spetti proprio alle donne annunciare, senza vergogna, la loro fiducia nel Signore. Anche in questi giorni, durante le confessioni ho potuto ascoltare la grande fiducia che tante mamme, e spose, e tante giovani hanno nel Signore. Ma sappiamo anche quante  ragazze e quante donne all’interno dei loro gruppi di appartenenza e delle loro famiglie non sono più testimoni di valori e richiamo ad una vita credente. Quanti santi hanno affermato che le loro madri  hanno trasmesso con il latte anche il senso della fede e della sacralità della vita! oggi per molti non è più così.
Aspettiamo dunque un aiuto che venga dall’alto e ci renda felici testimoni di fede. Aspettiamo il Natale del Figlio di Dio. Vieni Signore Gesù, ti aspettiamo.
Con fiducia nel cuore, tutti insieme lodiamo il Signore perché è buono, eterna è la sua misericordia.