Ricordando Marco Cè, assistente generale dell’Azione Cattolica Italiana e padre dallo sguardo buono

Si sono svolti sabato 17 maggio 2014, nella Basilica di S. Marco a Venezia, le esequie del Card. Marco Cè, Assistente generale dell’Azione Cattolica Italiana dall’aprile 1976 al dicembre 1978, quando Giovanni Paolo II lo chiamò a guidare il patriarcato di Venezia. Ricordandone con gratitudine e commozione la grande paternità spirituale, la fede profonda, l’attenzione ai laici, la fedeltà al Concilio, la vita intera in cui si è sempre posto al servizio di Dio e della Chiesa, pubblichiamo la testimonianza di Maria Teresa Vaccari, che in quegli anni era Vicepresidente per il Settore giovani.

Quando Mons. Cè è arrivato all’Azione Cattolica ero vice-presidente per il Settore Giovani da quasi quattro anni e subito ho colto la sua premurosa attenzione per la realtà giovanile ed in particolare per le donne, da valorizzare nella corresponsabilità pastorale e associativa, secondo l’esempio di Gesù, l’insegnamento dell’apostolo Paolo e le urgenze dell’attuazione conciliare riguardanti l’apostolato dei laici e la loro missione nella Chiesa e nel mondo.

I pilastri della sua presenza tra noi furono da subito il primato della Parola, la passione, vorrei dire, per la vita liturgica e la mensa eucaristica, la carità verso i poveri.

Di fronte a qualche nostro timido tentativo di creare nuovi stili di spiritualità laicale alla luce del Concilio e di fronte alle sfide del mondo contemporaneo, non poneva difficoltà, ma ci orientava sempre ad ispirarci alle grandi tradizioni spirituali soprattutto dei Padri d’Oriente e d’Occidente. Tra i primi libri che mi consigliò di leggere ci fu un testo per conoscere Silvano del Monte Athos, che allora non corrispondeva esattamente alla mia sensibilità spirituale, salvo a comprenderne poi la profonda attualità contemplativa e mistica.

Non era difficile capire che tra i suoi maestri più recenti c’era il Card. Giacomo Lercaro e P. Giuseppe Dossetti.

In effetti non tardò a farci conoscere le Case della Carità di Bologna, dove l’amore per i poveri è praticato con infinita tenerezza, e la comunità di Monteveglio, dove la Bibbia si legge nelle lingue originali e si coltiva un grande amore per la Terra Santa.

Ricordo anche come ci formava al radicamento e al servizio nella Chiesa locale per non rendere astratta l’appartenenza alla cattolicità.

Di particolare interesse ritengo la sua riflessione sulla ministerialità laicale nella Chiesa, dove ogni vocazione deve essere accolta, formata, riconosciuta e potersi esprimere con responsabilità, in modo permanente, nella comunione fraterna e per la missione universale.

Si accompagnava amabilmente alle persone, non sapeva o non voleva imporsi, mantenendo un equilibrio nelle sue posizioni e nei rapporti personali talvolta difficile da interpretare… e poi, comunque, ti rimaneva l’impressione di quello sguardo buono e ridente che ti faceva capire di desiderare il meglio per te e per tutti.

Quando ha lasciato l’Azione Cattolica per Venezia, durante l’omelia nella stupenda Basilica Cattedrale di S. Marco, ho capito una volta di più che, a imitazione di Gesù Cristo, amava teneramente la Chiesa come ‘una sposa’, cui il Vescovo dedica tutto se stesso per ‘santificarla avendola purificata col lavacro dell’acqua per mezzo della parola per far[la] comparire davanti a sé gloriosa, senza macchia o ruga’ (Ef 5,27), serva e amica dell’intera umanità.

*già vicepresidente nazionale per il settore giovani