1919-1924. L’entusiasmo degli inizi nelle tensioni del dopoguerra
Gli esordi dell’Azione Cattolica nella diocesi di Crema risalgono al 1919. Si sono appena spenti gli echi della Grande guerra e c’è voglia di voltare pagina, di ricostruire pacificamente una nuova società; c’è voglia di partecipazione, anche nella Chiesa. A Crema sono alcune giovani ragazze poco più che ventenni a prendere l’iniziativa. Entusiasmate da Armida Barelli, nel marzo 1919 si ritrovano e decidono di dare vita all’esperienza della Gioventù femminile (GF), insieme ad altre, Luigina Corini, Pierina Croci, Iside Donarini, Veturia Sabattini, Angioletta Selvatico, Agostina Doldi, Alessandra Noli Dattarino.
Ma anche i giovani non stanno a guardare. A prendere l’iniziativa sono Tiberio Volontè, un giovanissimo avvocato reduce dalla guerra, e don Francesco Piantelli, prete novello, pure lui reduce da due anni passati in prigionia.
La Chiesa vuole giocare un ruolo importante nella nuova stagione che si apre. I giovani si sentono incoraggiati dal vescovo Dalmazio Minoretti. Ma quelli che dovevano essere finalmente anni di pace sono invece anni di lotte. Il promettente inizio dell’AC è presto segnato da fortissime tensioni che presto degenerano in violenza. Giovani socialisti, giovani fascisti e giovani cattolici si incontrano, si confrontano e si scontrano, ciascuno animato dal suo entusiasmo e dal suo progetto di società. La sede dei giovani di AC di Crema, il Belvedere, nel novembre 1923 viene messa a soqquadro dai fascisti: Volontè è picchiato, don Piantelli riesce a scappare. Per loro il clima si fa pesante, è conveniente che si defilino. Ma i giovani di AC non demordono: si affidano al giovanissimo Luigi Viviani, uno studente universitario che nel dicembre del ’23 è nominato presidente diocesano dei giovani di AC e dal 1926 è presidente dell’intera giunta diocesana. I giovani pubblicano una loro rivista quindicinale: “A noi giovani” che però nel 1925 viene costretta a chiudere.
1925-1945. La crescita dell’associazione in un contesto difficile
Il 1925 è l’anno dell’affermazione del fascismo come regime. Le libertà civili vengono via via ridotte fino quasi a scomparire. É un duro colpo anche per l’AC ma la Chiesa difende l’associazione che prosegue anzi in un lento ma progressivo radicamento sul territorio, con la nascita anche dell’Unione uomini. L’associazione pian piano diventa una realtà significativa, con un vasto coinvolgimento di adulti, di giovani e di ragazzi. Alla fine degli anni Venti ha ormai assunto una fisonomia abbastanza definita, fatta di quattro “rami”: la GF, la GIAC, l’Unione donne e l’Unione uomini. Il regime che nel 1931 impone lo scioglimento dell’AC, accusata di fare una formazione non coerente con i valori e le direttive del fascismo. È una bufera improvvisa ed inattesa che si abbatte su un’associazione viva e nient’affatto decisa a sciogliersi. La bufera fortunatamente passa e l’AC riprende così il suo silenzioso lavoro formativo e di animazione.
Alla vigilia della guerra i soci sono cresciuti in modo consistente: GF ha quasi 4.000 aderenti, i giovani sono 1.200, quasi 3.000 gli uomini e le donne. In tutto l’AC cremasca conta quasi 8.000 aderenti: è una realtà solida e diffusa.
Le figure importanti di questi anni, oltre a L. Viviani, sono gli assistenti dei giovani: don Giuseppe Raimondi, don Natale Arpini e don Bellino Capetti. Accanto a loro ci sono tra gli altri Giovanni Pagliari, Ambrogio Bassi, Giacomo Cabrini, Giorgio Costi, Angelo Fontanella, Igino Vailati. Alla fine degli anni ’30 vi è l’innesto di nuove forze: Pasquale Aiolfi, Carlo Mariani, Franco Patrini, Pietro Savoia e Camillo Lucchi. Presidente della GF è Veturia Sabattini. Tra le donne guidano l’associazione A. Noli Dattarino ed Elisa Trezzi Pivetti. L’Unione Uomini è presieduta dal marchese Umberto Zurla coadiuvato da Virgilio Pagliari.
Cosa si fa in AC? Incontri settimanali di formazione di gruppo guidati dal sacerdote assistente, ritiri spirituali due o tre volte l’anno, giornate di spiritualità, pellegrinaggi, convegni diocesani. La formazione che soprattutto i giovani ed i ragazzi ricevono in AC li fa crescere come cristiani ma anche come cittadini: i valori a cui sono educati non sono quelli del fascismo e si riveleranno preziosi quando il regime lascerà il posto alla libera società democratica.
La guerra lascia un segno forte, anche di lutti. Da essa non tornano il giovane Elvino Benelli ma soprattutto Luigi Viviani, lo storico presidente diocesano. Viviani viene fucilato dai tedeschi ad Atene alla fine di settembre del 1943. Nel frattempo si è consumato un altro dramma: il sedicenne Luciano Chiodo, giovanissimo delegato diocesano degli Aspiranti, il 16 luglio 1944 annega nel fiume Serio nel vano tentativo di salvare l’amico Luciano Susani. É una tragedia che scuote profondamente non solo l’associazione ma l’intera città.
1945-1969. La stagione del radicamento e della partecipazione democratica
Ma i lutti nell’aprile 1945 hanno finalmente termine e c’è una grande voglia di guardare avanti e di ricominciare. È come un nuovo inizio, questa volta non più accompagnato dalle violente tensioni del primo dopoguerra. Il posto di Luigi Viviani viene preso dal fratello Paolo, stimato medico. Don Arpini è sempre di più il grande ed instancabile animatore della vita associativa. Nel nuovo clima di libertà e di democrazia la vita associativa rinasce: il numero degli iscritti cresce di anno in anno, la presenza nelle parrocchie si fa sempre più forte e capillare, il lavoro formativo è sempre più strutturato. Ad esso si affianca un lavoro di animazione culturale e sociale molto articolato. Quasi 12 mila sono gli aderenti nel 1948, che salgono a 15mila a metà degli anni ’50.
Entusiasti e disciplinati, i soci di AC sono la spina dorsale delle parrocchie dove danno una mano ai sacerdoti in un proliferare di iniziative di ogni genere. L’AC è un’associazione popolare che raggiunge tutti gli strati sociali: i contadini e gli operai, gli impiegati ed i professionisti, gli universitari e i laureati.
Molti giovani che si sono formati, durante il ventennio fascista, nelle fila dell’AC, adesso sentono il dovere di partecipare da protagonisti alla vita democratica ed aderiscono al nuovo partito della Democrazia Cristiana. Tra questi i Sindaci di Crema V. Pagliari e G. Cabrini, oltre a F. Patrini e V. Canidio, giovani sindaci di Offanengo e Bagnolo. I presidenti diocesani degli anni ’60 sono Pietro Savoia ed il giovane Luciano Geroldi. Il vento del Concilio trova la Chiesa e l’AC cremasca già pronte a recepirne le novità. L’associazione le asseconda ma nello stesso tempo ne viene scossa.
1969-2004. Il post-concilio e la “scelta religiosa” dentro un nuovo contesto sociale
Nel 1969 con il nuovo statuto l’AC compie la scelta religiosa che la richiama al prevalente compito formativo ed assume la struttura unitaria che mantiene ancora oggi: due settori – giovani e adulti – ed un movimento educativo, l’ACR. La stagione post-conciliare, nella quale si innesta quella della contestazione giovanile, scuote l’AC e ne provoca un crollo di adesioni. Gli anni ’70 sono particolarmente difficili, per un clima diffidente ed ostile sia dentro che fuori la chiesa. Non viene meno però il sostegno del vescovo Manziana che consente all’AC di riprendersi dalla crisi e di tornare ad essere, pur in dimensioni numericamente ridotte, un cardine delle comunità cristiane ed un ambito formativo significativo. I protagonisti di questa fase sono i presidenti diocesani Walter Donzelli, Domenico Pizzocchero e Vincenzo Cappelli, accompagnati da don Giancarlo Barbaglio e don Carlo Ghidelli, don Luciano Cappelli, don Franco Mandonico e don Muro Sgaria. La casa alpina di Avolasio diventa la sede dei campiscuola estivi, frequentati da tanti ragazzi, adolescenti e giovani.
Dopo il difficile assestamento, con gli anni ’80 l’associazione matura la sua nuova fisionomia, che rimane fedele però alla sua storia: serio impegno formativo, fatto di preghiera, catechesi e attenzione cultuale e pieno inserimento nella comunità cristiana nella forma della corresponsabilità. Gli aderenti all’AC – in questa fase sono circa 4.000 – maturano così la propria identità di laici cristiani. L’AC rimane il perno di moltissime parrocchie, cui offre un laicato maturo. Si è aperta però una fase di lenta crisi delle comunità cristiane ed insieme di ridotto sostegno all’AC a favore da un lato di una Chiesa “tutta protagonista” e dall’altro più attratta dai movimenti. L’esplicito sostegno dei vescovi Tresoldi e Paravisi non è più accompagnato da quello unanime dei preti. Presidenti diocesani tra gli anni ’80 e ’90 sono Romano Dasti, Cornelia Bianchessi e Franco Corbani mentre assistente diocesano è don Maurizio Vailati.
Dal 2003 ad oggi
Nel 2003 l’ACI si dà un nuovo statuto che però riconferma i tratti caratteristici dell’associazione.
La capillarità di presenza dell’associazione man mano si riduce, contestualmente al calo della più generale partecipazione ecclesiale. Oggi l’AC cremasca conta iscritti in circa un terzo delle parrocchie. Ancora presenti sono gruppi di adulti e di ragazzi (ACR) mentre si fanno più radi e dai contorni sfumati i gruppi di adolescenti e di giovani. È cresciuta negli ultimi anni un’attenzione alla famiglia e si è mantenuta significativa l’esperienza dei campiscuola estivi. Importante è stata anche la recente celebrazione dell’assemblea straordinaria (2018), finalizzata ad un “nuovo inizio” associativo. Dal 2002 ad oggi l’aC diocesana è stata guidata da Romano Dasti, Francesco Galimberti ed Antonio Crotti, attualmente in carica.