III domenica Avvento C

Il tema della gioia traversa le letture bibliche di questa terza domenica di Avvento: gioia a cui è invitata Gerusalemme per la presenza salvifica di Dio in mezzo a essa; gioia a cui sono esortati i cristiani di Filippi di fronte all’annuncio che “il Signore è vicino”; gioia insita nel Vangelo, nella buona notizia che Giovanni annunzia.

 

La gioia cristiana non è un fatto solo interiore e non si identifica con avere alto il morale. Ma c’è gioia vera là dove siamo in una relazione profonda con il Signore fatta di preghiera, di ascolto della sua Parola, di vita Sacramentale; e questa gioia la si sperimenta solo se si percorre la via della conversione. Il Vangelo di oggi ci dice che dobbiamo cambiare, migliorare. Le folle, i pubblicani, i soldati domandano “che cosa dobbiamo fare?”. Una domanda che facciamo nostra: che devo fare per celebrare questo prossimo Natale? Risponde Giovanni con questi tre suggerimenti: la condivisione , il non pretendere , il non abusare, il non essere violenti. Interessante che Giovanni Battista non chieda di cambiare mestiere, scegliere una vocazione particolare, ma dice di rimanere nel proprio stato di vita facendo spazio all’altro, rispettando l’altro, accogliendo l’altro e impedendosi assolutamente di avere ed esercitare qualsiasi potere sull’altro.

La condivisione implica che non si veda più solo il proprio bisogno, ma anche quello dell’altro e che si decida di provvedere a tale bisogno donando all’altro o spartendo con lui ciò che si è e ciò che si ha. Ricordandoci che nell’esperienza cristiana non vi è amore più grande di chi dona la vita per gli amici. Quando penso a qualcosa per me, mi chiedo sempre se corrisponde anche al bene per gli altri?

Non pretendere significa certamente non esigere dagli altri ciò che non tocca loro darci, ma soprattutto significa non porci nei loro confronti con arroganza. Certi figli che pretendono di essere mantenuti a qualsiasi età, certi genitori che pretendono che i figli facciano in tutto ciò che loro scelgono per essi. Certi sposi che pretendono dal coniuge ciò che corrisponde al proprio egoismo. Certi sacerdoti che pretendono obbedienza cieca dai propri fedeli. Quando desidero qualcosa da qualcuno mi chiedo se sto rispettando la sua persona?

Non maltrattare significa non trattare male le cose e le persone, non usare violenza fisica o psicologica, non abusare della propria posizione di forza o di potere, delle proprie capacità per umiliare l’altro. Non utilizzare un linguaggio volgare e un tono aspro. Significa anche non esprimere indifferenza, mutismo e disinteresse là dove possiamo dare attenzione, comprensione e aiuto. Come dire: essere se stessi consentendo agli altri di essere se stessi. Quando mi rapporto con gli altri so usare sempre il massimo rispetto?

Viene il Signore, per purificare la nostra vita da tante scorie che la abbruttiscono e la intristiscono. Invochiamo la conversione per noi e per tutti i fratelli. Ed insieme: lodiamo il Signore perché è buono, eterna è la sua misericordia.