Antonio, anno 1983, originario della parrocchia di Camisano, è stato eletto presidente nel 2014. La carica è stata rinnovata nell’assemblea del 2017; precedentemente è stato responsabile ACR dal 2011 al 2014. Attualmente abita nella parrocchia di San Giacomo-San Bartolomeo.
Ti piace l’AC perché…?
Mi piace l’AC perché, se sono la persona che sono, sicuramente è anche grazie a lei!
Che cosa ti ha dato l’associazione per essere stata così determinante per te?
Mah, sono tante cose. Sicuramente tante occasioni di formazione, sia cristiana che umana. Mi vengono in mente convegni, campiscuola, incontri, preghiere… Inoltre mi ha insegnato a vivere la responsabilità come risposta ad una chiamata, come occasione di mettere al servizio i talenti che il buon Dio mi ha dato. Questo mi è servito e mi serve in tutti gli ambiti della mia vita. Per ultimo, ma certamente non per importanza, ci sono le persone con cui mi ha dato la possibilità di creare delle bellissime ed edificanti relazioni, che mi hanno plasmato condividendo con me momenti molto significativi per la mia crescita. Penso che queste motivazioni siano le stesse che da ormai cento anni hanno spinto molti cremaschi ad appassionarsi all’Azione Cattolica.
A proposito di cento anni: dopo tutto questo tempo, come pensate che l’AC possa ancora essere al passo con i tempi?
Questa domanda ce la siamo posti anche noi, e continuiamo a porcela per cercare di essere significativi anche oggi nella nostra Chiesa diocesana. Proprio a giugno dello scorso anno abbiamo celebrato un’Assemblea Straordinaria, che è stata la tappa di un percorso di rinnovamento che abbiamo iniziato lo scorso triennio e che continuerà con il cammino assembleare ordinario dell’anno prossimo.
Che cosa bolle in pentola? Su cosa state riflettendo?
Dopo un’analisi della situazione delle nostre parrocchie abbiamo identificato quattro temi che ci stanno particolarmente a cuore: la formazione, il rapporto tra Azione Cattolica e pastorale, il rapporto con i nostri preti e assistenti ed infine la nostra struttura associativa. Prima di partire a riflettere e confrontarci su questi temi, però, abbiamo voluto ripartire da alcuni punti che abbiamo ritenuto irrinunciabili: l’Evangelii Gaudium, i nostri documenti costitutivi, ossia lo Statuto e il Progetto Formativo. Ci siamo messi all’ascolto di persone interne all’AC e di alcuni amici esterni all’associazione. Quanto raccolto ci ha permesso di iniziare il lavoro di riflessione e confronto vero e proprio. Abbiamo costituito un tavolo di lavoro per ognuno dei quattro temi, cercando di coinvolgere più gente possibile. Ne è emerso il documento che è stato poi discusso e approvato in Assemblea e che invito chi fosse interessato a leggere (si trova sul sito internet www.acicrema.it). In sostanza, abbiamo provato a contestualizzare i quattro temi scelti nella nostra AC cremasca e ad individuare alcune prospettive e passi concreti da fare per ogni ambito.
Come mai avete scelto proprio questi quattro temi?
Partiamo dalla formazione: è stata una scelta direi obbligata, trattandosi del nostro principale fine, diciamo la nostra specialità. Ci stiamo quindi interrogando su come riuscire a fornire dei percorsi significativi che riescano a conciliarsi con i tempi di vita delle persone, sempre più frenetici.
Per quanto riguarda la struttura dell’associazione, il bisogno di affrontare il tema emerge da due questioni: da una parte c’è una crescente fatica a trovare persone che accettino di prendersi una responsabilità diretta in associazione, per vari motivi; dall’altra parte ci chiediamo se le nostre strutture, con i vari organi e responsabilità, abbiano ancora senso e rappresentino la vera vita dell’AC, soprattutto a livello parrocchiale. Durante la riflessione su questi aspetti abbiamo anche analizzato il calo di adesioni degli ultimi anni. Questo è sintomo di una fatica a sentirsi parte di un’associazione, tuttavia ancora molte persone colgono le occasioni formative e di servizio che essa offre. Vorremmo quindi trovare modi per riscoprire il bello di stare insieme e di condividere un cammino, in modo da poter favorire un senso di appartenenza, nonostante tutto ciò sia in controtendenza con la crisi dell’associazionismo che caratterizza il nostro tempo.
Un altro tema che ci sta molto a cuore è il rapporto con i nostri assistenti e con i preti in generale. Siamo stati abituati a vivere fianco a fianco con i nostri pastori, mettendo a frutto la diversità dei carismi, trovando in loro un accompagnamento nella fede veramente significativo e cercando sempre di creare un confronto edificante e fecondo. Ci siamo però resi conto che nelle nostre parrocchie questo confronto non è più da darsi per scontato. L’AC non è più l’unica associazione laicale, e spesso viene vista come una realtà fra le tante presenti in parrocchia, uno dei tanti compiti da assolvere, perdendo invece l’opportunità di coglierne la ricchezza che può portare, per il suo essere profondamente radicata nella parrocchia e a servizio della Chiesa. Ciò si ricollega all’ultimo tema, quello del rapporto fra AC e Pastorale.
Parliamo un po’ di questo tema. Sembra che il relativo tavolo di lavoro abbia svolto delle riflessioni che sono molto legate al percorso dell’Assemblea Diocesana in corso: “Vivere la comunione, accogliere la missione: quale futuro per la Chiesa cremasca?”. Confermi?
Certamente sì. Ma prima di entrare nel merito del contributo all’Assemblea Diocesana contestualizziamo il tema: da sempre l’Azione Cattolica, come detto, fa la scelta di radicarsi nella Chiesa locale e parrocchiale: ne risulta un profondo legame con la pastorale. In concreto ciò significa che i laici di AC si spendono nel servizio della parrocchia e della diocesi. Ci tengo a precisare che quando dico “servizio”, in questo caso, intendo sì il mettersi a disposizione per animare gruppi, preparare percorsi… ma non solo: un altro modo con cui amiamo metterci al servizio è quello di renderci corresponsabili del cammino delle nostre comunità, portando la nostra sensibilità di laici per partecipare alla vita della Chiesa, confrontandoci insieme ad altri laici, ai preti e al Vescovo per pensare insieme a come vogliamo essere immagine di Dio, qui ed oggi.
Tornando al tema, quindi, già da un paio di anni ormai come AC stiamo pensando a come la nostra Chiesa debba trasformarsi, per rispondere ad una realtà che è molto diversa dagli schemi con cui è abituata a confrontarsi. Mi vengono in mente ad esempio il minore radicamento delle persone alla parrocchia, la loro maggiore mobilità, la diminuzione dei preti. Parte delle riflessioni emerse dal documento assembleare coincidono quindi con il documento di lavoro preparato dal Vescovo, evidenziando un sentire comune e la nostra passione per la Chiesa che si trasforma nella volontà di metterci ancora al servizio. Pensiamo di avere ancora molto da dire e da dare, per sostenere quel cambio di mentalità che si ritiene fondamentale per accompagnare il cammino della nostra diocesi nei prossimi anni. Molti di noi a livello diocesano sono impegnati direttamente nella preparazione e gestione dell’Assemblea. Altri sono presenti in varie commissioni diocesane, altri ancora, come i presidenti parrocchiali, nei consigli pastorali parrocchiali. In conclusione, possiamo dire che siamo impegnati a tutti i livelli per partecipare al cammino di rinnovamento della nostra Chiesa.
Questo è il tuo secondo mandato da Presidente Diocesano. Volge quindi verso il termine questa avventura per te. Come vedi il futuro della Chiesa e dell’Azione Cattolica in particolare?
Vedo tanta volontà di mettersi in gioco per far sì che troviamo modi nuovi di raccontare la persona di Gesù e l’amore di Dio alle persone del nostro tempo. Vedo anche tante difficoltà date dai profondi e veloci cambiamenti che facciamo fatica a comprendere e spesso ci troviamo a rincorrere. Ma di una cosa sono certo, e questo basta a farmi stare in pace: fortunatamente il bene della Chiesa e dell’AC è nelle mani generose e forti del buon Dio. A noi basta renderci disponibili ad essere strumenti nelle Sue mani.