A Braccia Aperte – L’AC di Crema da Papa Francesco

Pubblichiamo di seguito il testo integrale dell’articolo uscito sul settimanale diocesano Il Nuovo Torrazzo del 4 maggio. Foto Alessia Giuliani/ Fototeca AC 

A braccia aperte

L’incontro dell’Azione Cattolica con Papa Francesco

 

Mercoledì 24 aprile alle ore 22 da piazzale Macello a Crema, accompagnato da un incessante acquazzone, un piccolo gruppo di cremaschi è partito alla volta di Roma per incontrare Papa Francesco, il mattino seguente, nell’incontro “A braccia aperte”. L’evento, aperto a tutti ma rivolto in particolare all’Azione Cattolica nazionale, ha dato poi avvio nello stesso pomeriggio e fino a domenica 28 aprile, alla XVIII Assemblea nazionale “Testimoni di tutte le cose da Lui compiute”.

Attraversando l’Italia, tra sonnellini, chiacchiere, partite a carte, all’alba abbiamo raggiunto Roma e ci siamo incamminati, circondati da gruppi di persone dagli accenti più vari, verso piazza San Pietro.

Piazza San Pietro e parte di via della Conciliazione erano gremite, circa 80.000 i partecipanti, come annunciato dal palco dai conduttori Massimiliano Ossini e Antonella Ventre!

E’ stato rigenerante e bello vedere così tante persone che si sono mosse dalle proprie parrocchie, lontane e vicine, tutte per questo incontro, per testimoniare la propria presenza e la bellezza della vita cristiana, per mostrare la vitalità di un’associazione che, nonostante alcune fatiche, è impegnata e attiva a servizio del Vangelo nella Chiesa e nel Paese. 

L’Azione cattolica italiana desidera vivere e contribuire a un Paese che sia davvero a braccia aperte, dove si pratica un dialogo intergenerazionale, dove ragazzi, giovani, adulti, insieme, fanno esercizio di corresponsabilità e di accompagnamento reciproco, con lo stile della cura che non lascia indietro nessuno e in cui ogni persona può dare e ricevere.

Inoltre, l’incontro svolto nel giorno della memoria della liberazione dell’Italia dal nazifascismo è un messaggio chiaro per esprimere la volontà di custodire la democrazia nella bellezza di un confronto aperto ed accogliente. E’ anche scegliere di stare al passo con le questioni del nostro tempo, che toccano la quotidianità delle persone, fornendo strumenti per un pensiero critico e consapevole al fine di vivere esperienze significative a servizio del bene comune e di promozione della pace.

I temi affrontati prima e dopo l’arrivo di Papa Francesco sono stati di attualità, come si è visto, la pace, la democrazia, le braccia aperte dell’associazione nell’inclusività e nella creazione di alleanze (l’invito ad essere “atleti e portabandiera di sinodalità”): tutti temi (e molti altri) che accompagneranno questo nuovo triennio.

Ma tornando al racconto della giornata, alle ore 9.45 circa Papa Francesco ha cominciato, sulla sua Papamobile, ad attraversare piazza San Pietro tra la gente gioiosa e festante, piena di sguardi sorridenti e di speranza.

E’ stato poi il momento del discorso che aveva come tema centrale appunto l’abbraccio. In particolare, dice Papa Francesco, “la nostra esistenza è avvolta dal grande abbraccio di Dio, che ci ama, ci ama per primo e non smette mai di stringerci a sé, specialmente quando ritorniamo dopo esserci perduti”. Perciò, come spunto di riflessione, ha proposto tre tipi di abbraccio: l’abbraccio che manca, l’abbraccio che salva e l’abbraccio che cambia la vita.

Il discorso è stato toccante, umano e vicino all’esperienza di ciascuno di noi, e si è concluso con l’invito ad essere presenza di Cristo negli abbracci misericordiosi e compassionevoli verso fratelli e sorelle bisognose, per poter essere segni concreti di cambiamento secondo il Vangelo a livello sociale, culturale, politico ed economico nei contesti della vita di tutti i giorni.

Terminato l’incontro, non poteva mancare un buon pranzo romano e un giro per la città, dopo aver salutato i nostri delegati all’Assemblea nazionale Roberta, Paola, Chiara e il nostro Giovanni come delegato dell’Acr, che si sono diretti a Sacrofano per iniziare l’esperienza dell’Assemblea nazionale come momento di ricchezza, di comunione e di condivisione.

Il calore della piazza ha riempito i nostri cuori e ricaricato l’anima, rendendoci pronti a contagiare l’AC cremasca con l’abbraccio fraterno e gioioso che dona speranza e permette di crescere tutti insieme.

E come canta l’inno della giornata:

“È la forza dell’Amore

che mi fa sentire libero di prendermi cura di te!

Nessuno qui si salva da solo,

ho bisogno di te, tu di me… c’è bisogno di tutti noi! (…)

A volte non è facile ma poi non è impossibile,

amare è come perdersi per ritrovarsi insieme,

prendersi per mano, regalare una carezza…

lo senti com’è bello se poi camminiamo insieme!”

 

Dal discorso di Papa Francesco all’incontro “A braccia aperte”

Di seguito alcuni passaggi del testo rivolto ai presenti in Piazza San Pietro il 25 aprile.

“Il titolo che avete scelto per il vostro incontro è “A braccia aperte”. L’abbraccio è una delle espressioni più spontanee dell’esperienza umana. La vita dell’uomo si apre con un abbraccio, quello dei genitori, primo gesto di accoglienza, a cui ne seguono tanti altri, che danno senso e valore ai giorni e agli anni, fino all’ultimo, quello del congedo dal cammino terreno. E soprattutto è avvolta dal grande abbraccio di Dio, che ci ama, ci ama per primo e non smette mai di stringerci a sé, specialmente quando ritorniamo dopo esserci perduti, come ci mostra la parabola del Padre misericordioso (Lc 15,1-3.11-32). Cosa sarebbe la nostra vita, e come potrebbe realizzarsi la missione della Chiesa senza questi abbracci? Perciò vorrei proporvi, come spunti di riflessione, tre tipi di abbraccio: l’abbraccio che manca, l’abbraccio che salva e l’abbraccio che cambia la vita.

 

Primo: l’abbraccio che manca. Lo slancio che oggi esprimete in modo così festoso non è sempre accolto con favore nel nostro mondo: a volte incontra chiusure, a volte incontra resistenze, per cui le braccia si irrigidiscono e le mani si serrano minacciose, divenendo non più veicoli di fraternità, ma di rifiuto, di contrapposizione, anche violenta a volte, un segno di diffidenza nei confronti degli altri, vicini e lontani, fino a portare al conflitto. All’origine delle guerre ci sono spesso abbracci mancati o abbracci rifiutati, a cui seguono pregiudizi, incomprensioni, sospetti, fino a vedere l’altro un nemico. E tutto ciò purtroppo, in questi giorni, è sotto i nostri occhi, in troppe parti del mondo! Con la vostra presenza e con il vostro lavoro, invece, voi potete testimoniare a tutti che la via dell’abbraccio è la via della vita.

 

Secondo: l’abbraccio che salva. Già umanamente abbracciarsi significa esprimere valori positivi e fondamentali come l’affetto, la stima, la fiducia, l’incoraggiamento, la riconciliazione. Ma diventa ancora più vitale quando lo si vive nella dimensione della fede. Al centro della nostra esistenza, infatti, c’è proprio l’abbraccio misericordioso di Dio che salva, l’abbraccio del Padre buono che si è rivelato in Cristo, e il cui volto è riflesso in ogni suo gesto – di perdono, di guarigione, di liberazione, di servizio (Gv 13,1-15) – e il cui svelarsi raggiunge il suo culmine nell’Eucaristia e sulla Croce, quando Cristo offre la sua vita per la salvezza del mondo, per il bene di chiunque lo accolga con cuore sincero, perdonando anche ai suoi crocifissori. E tutto questo ci è mostrato perché anche noi impariamo a fare lo stesso. Lasciamoci abbracciare dal Signore. Così, nell’abbraccio del Signore impariamo ad abbracciare gli altri.

 

Terzo: l’abbraccio che cambia la vita. Un abbraccio può cambiare la vita, mostrare strade nuove, strade di speranza. Nella vostra vita associativa, il denominatore comune è proprio nell’abbraccio della carità regola, forma e fine di ogni mezzo di santificazione e di apostolato. Lasciate che sia essa a plasmare ogni vostro sforzo e servizio, perché possiate vivere fedeli alla vostra vocazione e alla vostra storia (Discorso all’Azione Cattolica30 aprile 2017).

 

Allora, fratelli e sorelle, la “cultura dell’abbraccio”, attraverso i vostri cammini personali e comunitari, crescerà nella Chiesa e nella società,  rinnovando le relazioni familiari ed educative, rinnovando i processi di riconciliazione e di giustizia, rinnovando gli sforzi di comunione e di corresponsabilità, costruendo legami per un futuro di pace (Discorso al Consiglio Nazionale dell’Azione Cattolica Italiana, 30 aprile 2021).

 

E in proposito vorrei aggiungere un ultimo pensiero. Vedervi qui tutti insieme – ragazzi, famiglie, uomini e donne, studenti, lavoratori, giovani, adulti e “adultissimi” (come chiamate quelli della mia generazione) – mi fa venire in mente il Sinodo. Ora si tratta di tradurre il lavoro delle fasi precedenti in scelte che diano slancio e vita nuova alla missione della Chiesa nel nostro tempo. Ma la cosa più importante di questo Sinodo è la sinodalità. C’è bisogno di uomini e donne sinodali, che sappiano dialogare, interloquire, cercare insieme. C’è bisogno di gente forgiata dallo Spirito, di “pellegrini di speranza”, come dice il tema del Giubileo ormai vicino, uomini e donne capaci di tracciare e percorrere sentieri nuovi e impegnativi. Vi invito dunque ad essere “atleti e portabandiera di sinodalità”, nelle diocesi e nelle parrocchie di cui fate parte, per una piena attuazione del cammino fatto fino ad oggi”.